12 Agosto 2016

Storia

Un Regio Decreto del 7 luglio 1910, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, riconosce la costituzione di un ente morale con “la piena approvazione dello statuto”: si tratta dell’Opera Pia Casa del Pane Don Giacomo Prinetti.
Alla fine d’ottobre dello stesso anno, il giornale moderato “All’Erta!”, vicinissimo ai promotori dell’iniziativa, in particolare al presidente Luigi Berti, importante industriale manifatturiero, rileva che la nuova istituzione “raccoglie ormai le unanimi simpatie della cittadinanza ed estende ogni anno di più la sua umana, efficacissima sfera d’azione”. Nei locali della Casa del Pane, all’epoca in piazza San Bovo 8, i poveri si affollano “nelle grigie e fredde giornate d’inverno”.
Con domenica 20 novembre si inizia la distribuzione di una minestra. Una settantina, tra uomini, donne e ragazzi si presentano a godere del pasto caldo gratuito, racconta il periodico vogherese, che non manca di far notare, nel numero del 13 dicembre, che “il maltempo insieme alle pietose condizioni di miseria” incrementano l’afflusso degli ospiti presso la benefica istituzione.
Era stato “All’Erta!” ad annunciare, un anno prima, il 6 luglio 1909, la nascita della Casa del Pane. Sotto questa denominazione sarebbe stato compreso anche lo “scaldatoio dei poveri” diretto da don Vincenzo Giudice, una struttura assistenziale promossa circa un ventennio prima da don Stella. Lo “scaldatoio” assisteva, infatti, nei tre mesi dell’inverno “una schiera di ben duecento bisognosi, inabili o quasi inabili al lavoro”. Ma con l’inizio della primavera questi poveri erano costretti all’accattonaggio, offrendo così “uno spettacolo pietoso di miseria e di abbandono”. Lo “scaldatoio” era quindi un’ancora di salvezza provvisoria per la popolazione più debole ed emarginata non solo vogherese.
Occorreva fare qualcosa di più duraturo nel tempo e consistente.
Ma facciamo un passo indietro.
L’8 luglio 1908 moriva a Voghera don Giacomo Prinetti, sacerdote appartenente ad una delle più note famiglie vogheresi e conosciuto per la sua grande carità nei confronti dei poveri. Per onorarne la memoria, si costituisce a Voghera un comitato di amici (il presidente è l’industriale Luigi Berti) che apre una pubblica sottoscrizione per dare il nome “dell’indimenticabil nostro concittadino” ad una nuova opera di beneficenza. “All’Erta!” del 20 maggio 1909, sollecitando i vogheresi a dare generosamente il loro contributo in ricordo di chi “diede tutti i suoi beni ai poveri, tutta l’opera ai fratelli, tutta l’anima a Dio e morì, come visse, amando e benedicendo”, spiega che lo scopo della nuova iniziativa caritativa “è recare qualche sussidio ai malati poveri dimessi dal civico ospedale, affinché la loro convalescenza abbia ad essere meno disagevole e sia resa loro meno probabile una ricaduta nella malattia”. Non è facilmente individuabile, per la mancanza di adeguata documentazione, il percorso che avrebbe portato il periodico vogherese ad annunciare nell’agosto del 1909 la nascita, sull’esempio di quanto avvenuto in altre città, di un’istituzione chiamata Casa del Pane, “opera continuativa di carità per tutte quelle disgraziate esistenze della vita sociale, in cui l’anima nostra ha il dovere-obbligo di riconoscere dei fratelli ”, nella quale sarebbero confluiti i fondi del preesistente “scaldatoio dei poveri” e i fondi raccolti per onorare don Prinetti.
Con il parere favorevole del Comune, la Casa del Pane inizia a funzionare il 25 novembre 1909. Già dall’approvazione dello statuto, l’iniziativa trova il sostegno pieno della cittadinanza che continuerà negli anni successivi. Lo rileva il Presidente Berti nella circolare che, all’avvicinarsi delle feste natalizie del 1911, invia ai vogheresi invitandoli ad essere generosi nei confronti dell’istituzione: “La lusinghiera riuscita” dell’iniziativa dopo appena due anni di vita e il crescente consenso dei cittadini “permisero di imprimere alla Casa del Pane un incremento insperato, di prolungarne per l’intero anno il funzionamento, di estenderne i benefici ad un numero sempre più ragguardevole di poveri”. La sede di piazza San Bovo si dimostra ben presto insufficiente. Si pensa subito all’ex caserma San Rocco, di proprietà comunale, la cui fronte si affaccia su piazza Meardi. Berti chiede in uso alcuni di questi locali per farne la sede dell’Opera Pia con refettorio e un dormitorio per i poveri. Nel febbraio del 1925 iniziano i lavori, che si concludono ai primi di novembre. Le conseguenze della guerra, poi, mettono i soci della Casa del Pane di fronte ad un difficile problema. Infatti, il terribile bombardamento del 23 agosto del 1944 aveva distrutto la sede dell’ente. L’Opera Pia avrebbe ripreso la propria attività? Aveva ancora senso la Casa del Pane? Il Comune, alle prese con la ricostruzione della città, mise a disposizione un’area in via Cagnoni e il nuovo presidente, Mario Zanaboni, con tutto il Consiglio di Amministrazione, decidono di ampliare l’area degli interventi: non più solo il refettorio per i poveri e l’asilo notturno per i senza tetto, ma anche un pensionato dove gli anziani potessero essere ospitati in camere confortevoli, senza rimpiangere le loro abitazioni. Nell’ottobre del 1952, il sindaco Rino Cristiani poneva la prima pietra della nuova Casa del Pane, che un anno dopo era una magnifica realtà.
Dallo “scaldatoio” dei poveri all’iniziativa per ricordare don Prinetti, dall’asilo notturno fino al pensionato, poi Casa albergo e infine Residenza Socio Assistenziale (RSA) accreditata dalla Regione Lombardia a metà degli anni 90. La struttura, già ampliata negli anni ’80, è stata ulteriormente potenziata, verso la fine degli anni novanta, grazie anche al generoso contributo di Enti e privati con donazioni. All’inizio del 2004 sono iniziati i lavori di ampliamento e ristrutturazione complessiva del fabbricato conclusisi al termine del primo semestre del 2006.
Nel frattempo, l’ente è stato depubblicizzato ed ha assunto la veste di un’associazione riconosciuta dalla Regione Lombardia come persona giuridica privata, organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS).
L’Opera Pia Casa del Pane è rimasta fedele alle sue radici senza aver timore delle novità e di intraprendere altri percorsi, forse impensabili nel lontano 1910.